DIARIO DI BORDO – 11 maggio #beFilmaker in Palestina 2017


Le cose cambiano velocemente e questo ormai lo abbiamo capito.

Purtroppo anche questa mattina niente corso. Oggi, al campo, è prevista una grande festa. Occasione, la libertà di un prigioniero della zona, dopo 43 anni di galera. È prevista una conferenza e una grande manifestazione e tutti accorrono per l’evento.

Ciò nonostante, i ragazzi sembrano aver imparato molto più di quello che abbiamo insegnato loro. Mi arrivano via mail video già montati, anche se alla lezione di montaggio non siamo ancora arrivati, con allegate scuse per il ritardo nella consegna.

Resto senza parole e penso che questa cosa del “capo del giornale” che commissiona un servizio, deve essermi sfuggita di mano, sono stato preso troppo sul serio, rido e penso che potrei seguire il loro esempio quando torno a Roma. Li rassicuro, è un corso, stiamo imparando, è solo l’inizio e sono già molto oltre le nostre aspettative. Ci ringraziano, io ringrazio loro per l’impegno, finisce sempre cosi. Oggi, quindi, l’unico corso della giornata sarà quello del pomeriggio, con la visione del materiale girato il giorno prima.

I ragazzi hanno molte domande, sono preoccupati di non aver fatto abbastanza, noi, molto sorpresi da ciò che vediamo, cerchiamo di analizzare insieme cosa dobbiamo girare ancora per “portarci a casa la giornata”. Usciti a girare nel campo, di improvviso, distinguiamo chiaramente due colpi, molto forti, molto ravvicinati. È l’esercito, che spara contro le mamme dei prigionieri in sciopero della fame, che oggi manifestano lungo il muro.

Noi ci spaventiamo, le ragazze no, ci dicono che vogliono andare a vedere, fare delle riprese, addirittura ci prendono in giro, “non succede nulla”, dicono, continuando a sorridere.

La percezione del pericolo che si ha da queste parti è sicuramente minore che da noi, e questo non fa altro che restituirci l’idea di cosa significhi crescere sotto occupazione militare.

Sappiamo che l’esercito qui non scherza, soprattutto con chi prova a riprendere le loro azioni, per questo ci allontaniamo, approfittandone per spiegare loro qualcosa su questo lavoro, senza dubbio un lavoro rischioso, che ci espone a situazioni anche al limite… Gli parliamo del fatto che non bisogna mai rinunciare a raccontare storie, anche qualora queste dovessero porci davanti al pericolo, ma di quanto allo stesso tempo sia fondamentale averne contezza. Fare le cose con la testa e senza mai sottovalutare la situazione. “Un bravo reporter deve prima di tutto portare a casa la pelle, anche solo per continuare a raccontare il giorno dopo…”

Con questo “lieve” incidente, trasformatosi poi in momento di apprendimento per tutti, chiudiamo la nostra giornata, con la mente già rivolta all’ultima lezione e alla chiusura dei corsi e con ancora negli occhi l’inesauribile energia dei nostri allievi