Be Filmaker in Gaza, I maestri sono importanti nella vita


Se io fossi nato a Gaza non sarei mai andato al cinema. Questo è strano se lo pensiamo con la nostra visione del mondo,ma è cosi. Nel 1987, durante la seconda intifada, hanno chiuso l’ultimo cinema rimasto. Generazioni di gazawi non sanno cosa vuol dire la magia del cinema, quel fascio di luce bianca che esce da un foro e fa apparire immagini, il buio prima dell’inizio del film e i titoli di coda…
Qua la situazione è grave quindi immagino che gli svaghi siano superflui, soprattutto se dispendiosi da un punto di vista energetico. Magari meglio una passeggiata al porto o in un parco.
A maggior ragione in questo momento storico in cui l’embargo per le merci che Israele impone a Gaza comincia ad essere pesante anche per noi che siamo in una situazione “privilegiata”. Ieri anche nei palazzi dove risiedono o lavorano gli internazionali è mancata l’energia per buona parte della giornata e da noi che dovremmo avere elettricità dalle 17 alle 24, ieri ci hanno staccato la corrente alle 22. Manca la benzina e quindi i generatori dei palazzi non funzionano. Fuori da questa “bolla” i gazawi continuano ad avere solo 4 ore di energia al giorno.
Sveglia prestissimo, qualche minuto prima delle 6, ovviamente tutto al buio. Io giro con il mio faretto al led per la casa e Daniele mi dice:”sei proprio un videomaker vero, ci dormi anche con la luce?”,scoppia una risata nel silenzio della casa.
Appena il sole sorge noi siamo a Shijaia per fare un giro con una luce buona. Io approfitto per girare qualche coperture tra le case distrutte, per il videoclip può essere sempre buono, e Daniele, Cristina e Antonio scattano foto e Sergio gira alcune inquadrature del suo film.
Io cerco angoli e inquadrature che diano dignità ad un posto bombardato. Non è follia la mia ma solo volontà di raccontare la dignità di una popolazione che ha visto il loro futuro distrutto. Le bandiere palestinesi ben visibili sui tetti, i panni stesi nei palazzi bombardati, come se niente fosse, perché la vita va avanti. Salgo su un tetto e vedo Israele, sempre la, dietro il muro che hanno eretto. Abbasso lo sguardo e vedo Sergio che ha appena finito di girare una scena, lo chiamo, alza lo sguardo e lo fotografo tra le macerie. Credo sia la foto di backstage più strana che mi sia capitato di scattare.
Ci sono diversi modi di ritrarre le persone, è il modo in cui si guardano, come le percepiamo, che cambia come le raffiguriamo. Le nostre immagini comunicano ciò che vediamo noi, non può esistere l’imparzialità, noi non possiamo essere imparziali. Per il mio percorso da fotografo e filmaker un grande maestro è stato Tano D’Amico, attraverso le sue immagini ho capito che anche “gli ultimi” possono essere rappresentati con tutta la forza della loro dignità. Quando poi l’ho conosciuto di persona e abbiamo presentato il suo libro insieme ho appreso ancora di più. Tano per me è un maestro di vita, non solo di fotografia.
I maestri sono importanti nella vita
Quando la luce inizia a farsi dura e i contrasti eccessivi andiamo via, il gruppo si ricompone e andiamo all’universtià, oggi è un giorno importante per le relazioni ufficiali tra Associazione Nazionale Filmaker e l’università Al Aqsa, dove abbiamo tenuto il corso. Oggi proiettano i lavori conclusivi e dei gruppi di lavoro e c’è la consegna degli attestati di partecipazione. È una buona occasione per rivedere molti studenti.
I corti sono accolti benissimo e devo dire che sono tutti belli e ben girati. Raccontano storie quotidiane di Gaza, le speranze dei gazawi e la voglia di una vita normale. Anche il montaggio con le foto dei partecipanti al workshop di fotografia piace molto, le foto sono molto belle e raccontano la Gaza dei gazawi, l’obiettivo è stato raggiunto. Giusto il tempo di fare qualche immancabile foto di rito con gli studenti e via si riparte.
Ci dividiamo di nuovo, chi a sud, chi a nord, chi al centro di cooperazione italiana e chi, come me e Daniele, al porto per fotografare Gaza con la luce bella e particolare che c’è oggi. I raggi di sole in mezzo al cielo nero e carico di pioggia ci regalano bellissimi giochi di luce, soprattutto quando illuminano tutta la costa nord e lasciano in ombra la centrale elettrica di Ahskelon con le sue ciminiere fumanti, ci sembra che anche il sole ci dica “Free Gaza”.

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